Febbraio 1998, Andrea aveva solo 7 mesi, non lavoravo in quel periodo ed ero impegnata nello svezzamento, quando inaspettatamente il Presidente di Ai.Bi. mi chiese se ero disposta ad accompagnarlo a Roma in giornata per intervenire su un caso che riguardava due bambini russi da poco in Italia. Mia mamma (benedetti tutti i nonni) diede la disponibilità a tenere Andrea, io presi con me un libro di favole in russo e partimmo.
Fu un'esperienza unica, sconvolgente e tenera allo stesso tempo: i bambini, una femmina e un maschio, erano stati adottati senza rispettare alcuni criteri (la legge all'epoca consentiva l'adozione indipendente, senza il ricorso obbligatorio agli enti e molte coppie agivano in questo modo, talvolta aiutate da qualche avvocato senza scrupoli), quindi erano stati tolti alla famiglia adottiva e posti in affido provvisorio. Anche la famiglia affidataria però non si era mostrata all'altezza della situazione, pertanto con l'aiuto di psicologa ed assistente sociale, dovevo spiegare ai bambini che avrebbero dovuto nuovamente cambiare casa e famiglia, in attesa di trovarne una definitiva. I bambini all'epoca conoscevano solo qualche parola di italiano. Ho fatto del mio meglio per tranquillizzarli e metterli a proprio agio, ricordo che sull'aereo abbiamo letto "La carica dei 101" e sorprendentemente sono riuscita a conquistare la loro fiducia. Il risultato fu che la bimba decise che quella sera avrebbe dormito da me ed era irremovibile nella sua decisione, anche se avrebbe dovuto dormire sul divano, perché all'epoca non avevamo una cameretta e Andrea dormiva nel lettino, sebbene mi conoscesse solo da poche ore e non conosceva il resto della mia famiglia e la mia casa. Mio marito Daniele, che aveva prontamente risposto alla richiesta, ci ha accolte a casa la sera tardi, dopo aver allestito un letto sul divano.
La mattina dopo al risveglio J. disse che non aveva mai dormito meglio.
Nei giorni seguenti insieme alla psicologa (la mia amica dell'asilo dottoressa Rigobello) abbiamo fatto un intenso lavoro di recupero della fiducia dei bambini nei confronti degli adulti, fino all'inserimento in una nuova famiglia adottiva.
Questo episodio mi ha introdotto bruscamente e concretamente nel mondo dei bambini abbandonati e maltrattati e mi ha permesso di vedere da una parte la loro rabbia, dall'altra la loro forza. J. era convinta di poter aiutare la sua mamma naturale, facendosi carico dei suoi problemi. Spezzava il cuore sentirla dire che lei l'avrebbe aiutata a non bere più, che avrebbe chiamato un dottore… In questo modo però non si concedeva la possibilità di essere lei, bambina, ad aver bisogno della protezione e dell'aiuto di una madre, che non poteva essere la sua fragile mamma biologica.
Purtroppo le cose per J. non sono andate come previsto, la vita le ha riservato altre difficoltà.
Quella è anche stata la prima volta che io e Daniele abbiamo accolto un bambino in emergenza, senza pensarci due volte, semplicemente aprendo la porta di casa nostra, oltreché le nostre braccia.
Sarebbe poi accaduto altre due volte, l'ultima delle quali, si è trasformata in una breve esperienza di affido temporaneo, ma per questo dobbiamo saltare al 2017.
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