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Immagine del redattoreMonica

Migrare - condizione dell'umano



Nell'ottobre 2013 il grande naufragio davanti all'Isola dei conigli ha richiamato l'attenzione di tutti sul problema dei migranti. Anche noi come famiglia ci siamo interrogati su cosa potevamo fare e abbiamo deciso di dare la nostra disponibilità ad ospitare uno dei cosiddetti Misna, cioè Minori Stranieri Non Accompagnati, che arrivavano sempre più numerosi sulle coste italiane.

Nel frattempo Ai.Bi. aveva aperto un CAS - Centro di Accoglienza Straordinaria, con le specificità proprie dell'associazione, accogliendo cioè mamme sole con bambini e nuclei familiari ed io ho iniziato a lavorare nel centro come insegnante di italiano e anche di inglese per l'unica famiglia ospitata, destinata al ricollocamento in altro paese europeo.

Si trattava di una famiglia curdo-irachena con 5 figli dai 12 ai 5 anni, che poi è stata trasferita in Portogallo. Ricordo che i bambini aspettavano con gioia l’appuntamento settimanale, era da tanto tempo che non andavano a scuola, per i più piccoli era la prima volta che facevano una sorta di lezione. In realtà giocavamo, utilizzavamo le flashcards, guardavamo dei video e ogni tanto si compilava qualche scheda, sempre in modo giocoso. Non mancava l’occasione per imparare anche qualche parola di italiano e io ne imparavo qualcuna in arabo. Il papà era sempre presente alle lezioni e spronava i figli a fare, talvolta suggeriva le risposte perchè voleva che i bambini facessero bella figura… La mamma invece mi preparava sempre una tazza di tè bollente, zuccherato e con il latte e si stupiva perchè io lo lasciavo raffreddare un po’, ma era davvero impossibile berlo a quella temperatura!

Con gli adulti le cose erano un po' più difficili, non tutti avevano voglia di “studiare”, perchè per quanto anche con loro le lezioni fossero interattive, si trattava poi di applicarsi , di imparare a memoria i vocaboli e soprattutto di mettersi in gioco. Coloro che provenivano da paesi di area francese, come Camerun, Mali, Guinea, facevano sicuramente meno fatica rispetto a coloro che venivano dai paesi di area inglese, come Nigeria o Ghana; per coloro che venivano da paesi di lingua araba, come Sudan, Libia o altri paesi ancora come l’Etiopia, era ancora più faticoso perchè talvolta dovevano anche imparare i caratteri latini. Ma la differenza sostanziale la faceva il desiderio di conoscenza e di integrazione.

Condivido due delle esperienze più gratificanti con gli adulti, quella con Esther e quella con Mamadama.

Esther, proveniente dal Camerun, aveva sete di conoscenza, il suo più grande rammarico era proprio quello di non aver potuto andare a scuola, malgrado le rassicurazioni del padre, che poi invece l’aveva fatta sposare presto. Era arrivata in Italia già madre di 3 figli grandi, ha cercato di inserirsi da subito nella società, ad un certo punto le mie lezioncine - che dovevano tener presente i diversi livelli di alfabetizzazione degli ospiti del CAS - non le bastavano più. Sfruttando anche i mezzi tecnologici a disposizione, in breve tempo fece passi da gigante nell’apprendimento della lingua, quindi si iscrisse dapprima ad un corso per la certificazione dell’italiano, poi ha proseguito conseguendo il diploma di scuola media CPIA (gli ex corsi 150 ore) e successivamente il diploma ASA e poi OSS.

Oggi lavora in una struttura per anziani, vive in modo indipendente con suo figlio, che è nato in Italia, ha preso la patente ed è riuscita a farsi raggiungere dalla figlia maggiore, che con grande forza di volontà sta facendo il suo stesso percorso. Esther è un grande esempio di tenacia, capacità di integrazione e riscatto.

La storia di Mamadama, giovanissima ragazza in arrivo dalla Guinea, è leggermente diversa. Era incinta, a fine gravidanza quando è arrivata e ha partorito poco dopo lo sbarco (la bimba nella foto in braccio a me). Purtroppo era analfabeta, quindi con lei ho fatto anche un lavoro individualizzato, con l’aiuto di Esther. Ricordo che durante una lezione stavo spiegando i verbi ridere e piangere e i diversi modi di dire, come “piangere di rabbia” oppure “morir dal ridere” e ho chiesto a ciascuno di dire, se voleva, quando aveva pianto l’ultima volta e perchè: lei disse che piangeva di rabbia quando non capiva le cose scritte, a quel punto ero io ad avere le lacrime agli occhi…

Anche Mamadama è riuscita ad andare a vivere da sola, il marito ha trovato un lavoro e successivamente lei ha potuto dedicarsi all’insegnamento della danza africana tenendo alcuni stage, era infatti una bravissima e riconosciuta danzatrice nel suo paese. La mia gioia nel vedere il suo sorriso quando per la prima volta è riuscita a leggere, da sola, la parola “limone” e a capirne il significato non può essere descritta.

Con i bambini presenti nel Centro, a seconda delle loro età, abbiamo fatto un percorso di pre-grafismo e propedeutico all’inserimento scolastico, loro erano fantastici! Sempre felici del mio arrivo, sempre pronti a scrivere, colorare, ritagliare, mai stanchi di giocare e di cantare. In breve tempo avevano imparato la lingua, talvolta riuscivano anche a dare le giuste intonazioni e sfumature alle parole a seconda del messaggio e ahimè in alcuni casi si sono trasformati presto negli interpreti e traduttori per i loro ben più pigri genitori.

Il CAS di Ai.Bi. è stato chiuso nel 2018 a seguito delle nuove disposizioni governative, ma quell’esperienza è stata davvero intensa e ricca, mi ha consentito di conoscere meglio il tema delle migrazioni e anche il continente africano, del quale sapevo poco o nulla. Con alcune delle famiglie accolte mantengo tuttora i contatti e gioisco con loro dei traguardi raggiunti.



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